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Yomi e Jigoku: inferni giapponesi

maschere-giapponesi

Come mai nel folklore giapponesi si parla di inferni piuttosto che inferno? Il Giappone è da secoli una terra in cui due grandi correnti religiose, lo Shintoismo e il Buddhismo, si incrociano e si scontrano, dando origine ad affascinanti, se non terrificanti, racconti, tra questi possiamo trovare anche storie dedicate all’immaginario aldilà shintoista, lo Yomi no Kuni, e quello Buddhista, il Jigoku. Yomi e Jigoku: inferni giapponesi da conoscere.

Oni, demone giapponese
Oni, creatura del folklore giapponese
Immagine di Flaticon su Freepik

L’INFERNO SHINTOISTA

Abbiamo già accennato in questo articolo, in cui si narrava del viaggio di Izanagi nel regno dell’Oltretomba alla ricerca dell’amata compagna Izanami, all’esistenza dello Yomi no Kuni (黄泉の国), il Mondo dell’Oscurità. Possiamo quindi considerare lo Yomi no Kuni, o più semplicemente Yomi, come l’inferno shintoista, la religione autoctona giapponese. Questo aldilà viene ben descritto nel Kojiki, la più antica raccolta di leggende, alla base della tradizione shintoista. 

Secondo la tradizione shintoista il mondo è costituito da una triade: l’Ashihara no Nakatsukuni (葦原の中つ国,), letteralmente la Terra di mezzo delle pianure di canneti, ossia la dimensione terrena; il Takamagahara (高天原), che si può tradurre come L’alta pianura celeste, che corrisponde alla dimensione divina, e lo Yomi-no-kuni, che si troverebbe invece sottoterra.

Questa concezione di inferno è molto simile a quella dell’antica Grecia o dell’antica Roma, piuttosto che alla visione cristiana. Il termine Yomi (黄泉) è traducibile come Sorgenti Gialle, i due caratteri vengono utilizzati anche nella lingua cinese per indicare Huángquán (黄泉), il regno dei morti nella tradizione cinese.

Tengu, demone corvo giapponese
Tengu, creatura del folklore giapponese
Immagine di Flaticon su Freepik

Questo inferno non ha fuoco, tantomeno torture per i peccatori, viene invece descritto come un luogo immerso nell’oscurità, governato dalla dea Izanami. Qui vagano per l’eternità le anime dei defunti, esistenze cupe, anche in caso la loro condotta in vita sia stata perfetta.

Lo Shintoismo considera immondo tutto ciò che è collegato alla morte: lo Yomi è una terra impura e contaminata, con la quale è meglio non avere a che fare. Non a caso i giapponesi hanno cerimonie di matrimonio shintoiste, mentre i funerali sono tendenzialmente di stampo buddhista.  

L’INFERNO BUDDHISTA 

Al contrario del tenebroso Yomi, il Regno dei Morti buddhista è molto più infernale. É detto Naraku (奈落, lett. abisso/inferno), ma è più comunemente noto come Jigoku (地獄, lett. prigione terrena). 

Secondo la tradizione Buddhista infatti, se gli uomini vivono una vita giusta e onesta, accumuleranno “karma” e, dopo la morte, si reincarneranno in una vita migliore, così fino a quando non avranno raggiunto il Nirvana. Ma esiste anche un altro lato della medaglia, quello riservato alle anime indegne di reincarnarsi, coloro che non hanno seguito una giusta condotta in vita, quel luogo è proprio il Jikogu, dove ci sono demoni, fiamme e torture ad attenderli. 

Statue di monaci buddhisti
Statue giapponesi di monaci buddhisti, non vi mettono in soggezione?
Foto di Kohji Asakawa da Pixabay

Nonostante il Jigoku venga considerato un singolo luogo è importante specificare che esistono innumerevoli inferni Buddhisti. É difficile dire quanti siano esattamente, alcuni dicono addirittura 64.000 mentre altri si limitano solo ad otto. A capo dell’aldilà Buddhista c’è Re Enma (閻魔王, Enma Ou), il Sovrano degli Inferi, che è sempre impegnato e non può occuparsi di ciascun inferno, quindi ne delega il controllo ad altri otto Re Minori.

Nei secoli passati i vari inferni Buddhisti sono stati tradizionalmente illustrati sulle cosiddette jigoku-zōshi (地獄草紙), le pergamene infernali. Questi rotoli sembrano essere più o meno tutti d’accordo sull’esistenza di otto inferni principali, anche se talvolta diventano sedici: otto caldi e otto freddi. In queste illustrazioni vengono raffigurati e narrati gli inferni che attendono tutti coloro che non vivono seguendo la dottrina Buddhista.

Ad esempio, nel Buddhismo della Terra Pura gli otto inferni principali sono i seguenti:

  • Toukatsu Jigoku – L’Inferno che Rivive
  • Kokujou Jigoku – L’Inferno della Corda Nera
  • Shugou Jigoku – L’Inferno che Schiaccia
  • Kyoukan Jigoku – L’Inferno delle Urla
  • Dai-kyoukan Jigoku – L’Inferno delle Grandi Urla
  • Jounetsu Jigoku – L’Inferno Ardente
  • Dai-jounetsu Jigoku – Il Grande Inferno Ardente
  • Mugen Jigoku – L’Inferno dell’Eterna Sofferenza

Ad ogni crimine viene associato un inferno differente: in caso di omicidio vi attende l’Inferno che Rivive, dove un demone (鬼, oni) vi colpirà fino alla morte, per poi riportarvi in vita e ricominciare a percuotervi, in una sofferenza eterna (o quasi).

come fuggire dagli Inferni Buddhisti? 

Chi finisce nel Jigoku non è destinato (probabilmente) alla dannazione eterna: è proprio a questo che servono gli Otto Re Minori! Ciascuno di loro presiede una corte differente, presso la quale si tengono dei processi dopo una quantità di tempo ben definita. Il primo avviene 100 giorni dopo la propria morte alla corte del Re Byoudou, che offre agli uomini l’opportunità di pentirsi sinceramente delle proprie malefatte e di fare ritorno nel circolo delle reincarnazioni. 

Se questo processo non ottiene l’esito desiderato la prossima occasione si presenterà un anno dopo la morte, alla corte del Re Toshi. In caso di un secondo fallimento sarà necessario attendere due anni dalla propria morte, e così via… L’ultimo processo avviene 32 anni dopo la propria morte.

FONTI 

Potete trovare un interessante approfondimento in lingua inglese sugli inferni Buddhisti alla seguente pagina yokai.com
Foto in copertina di vivi14216 da Pixabay
Britannica; Jigoku
Tofugu; Go to (japanese) hells! di Verity Lane
National Geographic Storica; Yomi-no-kuni e Jigoku, gli inferni giapponesi

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