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Akira Kurosawa: Rapsodia in agosto

Akira Kurosawa: Rapsodia in agosto

Akira Kurosawa è sicuramente il più famoso tra i registi giapponesi. Qualcuno l’ha definito l’imperatore del cinema giapponese. Ma non bisogna lasciarsi spaventare dalla portata di queste definizioni: i suoi film non sono capolavori dall’accesso riservato a pochi eletti. La sua catalogazione, tra i più grandi maestri del cinema, potrebbe farlo sembrare un autore riservato ai cinefili. Niente di tutto ciò: prendete uno qualsiasi dei suoi film e rimarrete sorpresi dal suo talento narrativo e visivo. Tutta la sua opera è talmente entusiasmante e accattivante che i suoi film sono stati oggetto di remake (come nel caso di Yojimbo – Per un pugno di dollari, ma anche I sette samurai – I magnifici sette,  La fortezza Nascosta – Star Wars) e citazioni (tra i più recenti c’è sicuramente Tarantino).

I primi approcci all’arte di akira kurosawa

Kurosawa era dotato sicuramente di un talento eccezionale ma molto lo deve all’educazione al racconto e all’immagine avuta da piccolo. Il padre, pur essendo un militare dall’educazione severa, non esitava a portare lui e il fratello al cinema (dove assisteva a numerosi film europei e americani). Il suddetto fratello maggiore, Heigo, era un Benshi cioè un narratore dell’epoca del cinema muto e spesso raccontava al giovane Akira le trame dei film e con lui discuteva anche di letteratura giapponese e occidentale. A questo si univa una grande passione per la pittura del giovane Akira tanto che le sue intenzioni, poi abbandonate, erano di diventare pittore. 

Kurosawa non intraprenderà la carriera di pittore che sognava, ma comincerà dopo gli studi di pittura una gavetta come assistente di regia e sceneggiatore presso la TOHO, una delle case di produzioni più importanti dell’epoca (siamo nel 1935, Kurosawa ha 25 anni).

La carriera come regista

Nel 1943 gira il primo film da regista, Sanshiro Sugata, che passa il vaglio della censura nipponica grazie all’intervento di Yasujiro Ozu (le note troppo occidentali nei film dell’epoca erano censurate). La prima collaborazione con quello che sarà il suo attore più importante, Toshiro Mifune, è del 1947. Nel 1950 gira Rashomon, primo successo internazionale, basato sui racconti di Ryunosuke Akutagawa. Nel film, un evento drammatico è raccontato da più punti di vista: ci mostra l’interpretazione della realtà a seconda del narratore che la espone. 

Akira Kurosawa: Rashomon
Locandina di Rashomon, di Akira Kurosawa
I suoi capolavori

Grazie a una professoressa di italiano a Tokyo, Giuliana Stramigioli, Kurosawa riuscì a far  arrivare il film al festival di Venezia dove vinse il Leone d’Oro. Nello stesso anno vinse anche il premio Oscar come miglior film straniero. La strada del successo internazionale era ormai aperta. E’ il momento più alto della carriera del regista che 4 anni dopo realizza I sette samurai.

Negli anni seguenti la filmografia di  Kurosawa si allunga e gira anche film di ambientazione contemporanea passando attraverso generi inaspettati come il noir con I cattivi dormono in pace (1960) e Anatomia di un rapimento (1963).

Quelli in costume restano sicuramente i film più conosciuti di Kurosawa: Kagemusha (L’ombra del guerriero, del 1980), fine gioco di identità sul mito del sosia nel Giappone del ‘500 o ancora, Ran (1985), ispirato al Re Lear di Shakespeare; film con scenografie spettacolari, in cui le scene di battaglia hanno un impatto cromatico sorprendente.

Capiamo allora perché Kurosawa è così importante.
  • Per la capacità di mescolare cultura occidentale e orientale riproponendo costruzioni narrative originalissime: ha attinto a Dostoevskij e  Shakespeare, aal teatro kabuki e dalla letteratura giapponese;
  • perché le tecniche stilistiche che ha utilizzato sono state innovative nel cinema giapponese e non solo: un esempio il racconto presentato da più punti di vista in Rashomon;
  • per l’impatto visivo: cromatismi, scene corali, inquadrature, movimenti di macchina, slow motion;
  • per il discorso sugli esseri umani: Kurosawa non ci parla unicamente della società giapponese ma fa un discorso più grande, collettivo, universale, cominciato con Rashomon e proseguito in tutta la sua carriera.

C’è, inoltre, un fil rouge che lega tutte le sue storie: le debolezze degli uomini.  Gli uomini mentono, spesso a loro stessi, sono costantemente infelici, preoccupati, pieni  di rimpianti o animati dal desiderio di vendetta. Ma non bisogna disperare,  c’è una speranza nonostante tutto questo malessere: si deve, malgrado tutto, avere fiducia negli uomini e  trovare qualcosa di buono per cui valga la pena vivere, come dice il professor Hyakken ai suoi allievi in Madadayo.

Akira Kurosawa: Rapsodia in agosto in giapponese
Titolo giapponese di Rapsodia in agosto

Akira Kurosawa: Rapsodia in agosto

Rapsodia in agosto è il penultimo film di Kurosawa. Uscito nel 50esimo anniversario dell’attacco a Pearl Harbour e quindi nel  1991, non è certo un film di vendetta o di risposta alle bombe atomiche lanciate dagli americani in Giappone.

E’ un film diverso da quelli realizzati normalmente da Kurosawa: girato in poco tempo, senza messe in scena spettacolari, contenuto anche nelle location e nel cast. Scritto in 15 giorni, durante le riprese del film precedente.

Una nonna, a inizio agosto, accoglie durante le vacanze scolastiche, nella sua casa poco lontano da Nagasaki, i suoi quattro nipoti adolescenti. Durante il loro soggiorno i quattro imparano cosa è stato il bombardamento atomico su Nagasaki  grazie alla testimonianza della donna. La nonna, infatti, si porta dietro il dramma vissuto quel lontano 9 agosto 1945, giorno che continua nonostante i molti anni trascorsi, a essere inscindibile dal suo presente.

Lei e i nipoti hanno un feeling speciale, affettivo e semplice allo stesso tempo, che si nutre di racconti davanti alla luna o di ricordi sulla numerosa famiglia.  Kurosawa mostra chiaramente il divario con la generazione dei genitori di questi quattro ragazzini. I giovani non sono ancora corrotti dal materialismo come invece è quella classe media cresciuta dopo la seconda Guerra Mondiale, interessata solo alla carriera e ai soldi (si pensi alla bolla economica giapponese degli anni 86-91).

Kurosawa parteggia per le nuove generazioni verso le quali crede di poter sentire più speranza per il futuro, per non dimenticare, per non lasciarsi corrompere: siamo davanti a un film che gioca sulla dimensione familiare, il linguaggio intimo, dove il messaggio che prevale non è la rivalsa è ciò che conta è la memoria.

Il film è del 1991, all’epoca 46 anni dallo scoppio della bomba atomica sembravano già molti e l’importanza di non dimenticare l’evento era già sentita. Oggi che ne sono passati quasi 80, un film così diventa ancora più rilevante, più attuale. Un monito, non solo sulla bomba atomica ma anche sull’aberrazione che è la guerra.

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Comments (1)

[…] definiti più sentimentali rispetto ai precedenti, e si soffermano spesso su ricordi del passato. Rapsodia in agosto (1991), per esempio, tratta del trauma del ricordo legato alla tragedia di Nagasaki. Madadayo-Il […]

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