
Per chi non conoscesse niente di cinema giapponese e Yasujiro Ozu, sarà un sollievo scoprire che la storia del cinema in Giappone non è così differente (se parliamo della sua evoluzione) da quella del cinema italiano ed europeo.
Primi passi e successo del cinema giapponese
Anche lì s’è cominciato presto, c’erano proiezioni già nel 1896, quindi solo un anno dopo l’invenzione del cinema. Poteva essere un debutto non così scontato, vista la distanza con l’Occidente e visto che in non tutti i paesi asiatici è andata allo stesso modo. Anche la creazione delle case di produzione (alcune tuttora esistenti, come la Shochiku), cui ha fatto seguito un periodo di forte crescita tra gli anni ‘20 e ’30, è avvenuta rapidamente. Il cinema, infatti, in Giappone ha avuto da subito un buon successo di pubblico tanto da divenire, sotto le tendenze nazionaliste e militariste del paese, oggetto di censura e mezzo di propaganda: sappiamo tutti quale posizione ha occupato il Giappone a partire del 1936.
Il periodo dopo la seconda guerra mondiale è stato quello di massimo splendore di questa cinematografia e negli anni ‘50 e ‘60 hanno avuto successo internazionale, grazie ai festival di Venezia e Cannes in primis, diversi autori dalla lunga gavetta quali Akira Kurosawa e Kenji Mizoguchi.
Yasujiro Ozu
E’ in questo contesto storico che Ozu si forma. Ozu è nato nel 1903 e sin da piccolo mostra un’insofferenza importante verso la scuola e un amore altrettanto importante per il cinema. Grazie a un suo zio cinefilo che conosceva il dirigente cinematografico della Shochiku (tra le più importanti case di produzioni cinematografiche) viene assunto come operatore di macchina. Ha già visto molti film americani ed europei, arrivati in Giappone in massa dopo il terremoto del 23, quando la domanda del pubblico era forte e le produzioni faticavano a esaudirla.
Sono anni importanti questi. Il giovane Ozu, poco più che ventenne, impara presto le tecniche che gli permetteranno in seguito di creare il suo stile personalissimo e unico. Presso la Shochiku fa il suo lungo tirocinio e nel ‘27 gira il suo primo film da regista: “La spada della penitenza”. Gira numerosi film muti, la maggiore parte purtroppo andata persa a causa della guerra. Traspare in tutti questi film un comune denominatore, una sensibilità, un interesse verso un tema: quello familiare. Sono, questi, gli shoshimingeki ovvero le storie, i drammi che hanno per tema centrale la gente comune e di città (come per esempio “una donna di Tokyo”, del ‘33, in cui una donna si prostituisce per permettere al fratello di studiare).
Questo genere resterà il perno centrale di tutta la filmografia di Ozu, con un accento importante sulla dissoluzione della famiglia a causa della modernità che irrompe negli equilibri delle relazioni.

Tarda primavera, di Yasujiro Ozu
Tarda Primavera è il 39° film di Ozu, è del 1949, ed è l’adattamento del romanzo “Padre e figlia” di Kazuro Hirotsu. E’ l’opera consolida lo stile e i temi cardine (di cui abbiamo già visto qualcosa) della produzione di Ozu. Stile e temi che resteranno pressoché invariati in tutti i suoi film più celebri come Viaggio a Tokyo, Fiori d’equinozio, Ohayo!.
La storia è quella di Noriko, una giovane donna che vive con il padre, ormai vedovo. Ha un’esistenza tranquilla e serena accanto a lui e lo si intende chiaramente dalla sua espressione sorridente, che accompagna una buona metà del film. Ha deciso di non sposarsi ma questa decisione preoccupa la zia che insiste affinché la giovane trovi marito e non esita a fare forti pressioni anche sul padre della ragazza. L’uomo, a seguito di tali insistenze, per convincere la figlia a cambiare d’opinione, farà una scelta inaspettata.
Senza svelare altro, perché sarà l’astuzia narrativa cui attinge Ozu con il suo fedelissimo sceneggiatore Kogo Noda a raccontare la storia, è da segnalare come in Ozu (e una volta visto questo film sarà facile fruire delle altre sue opere) siano ben distinguibili caratteristiche tecniche e narrative specifiche. Da aggiungere che qui lavora per la prima volta con Setsuko Hara, un’attrice formidabile che rappresenterà più volte i personaggi femminili dei suoi film, confermandosi la sua interprete preferita.

Tecnica cinematografica
Le scelte tecniche di questo film sono quelle che faranno di Ozu l’autore internazionalmente conosciuto, quelle che saranno definitivamente il suo segno distintivo, il suo marchio d’autore e qui per la prima volta a livelli così alti:
- l’uso dello stesso obiettivo, il 50mm, per tutte le inquadrature, che da immagini ritagliate nonché focalizzate sull’azione;
- l’utilizzo delle inquadrature frontali nelle scene di dialogo, nei campi e controcampi;
- l’immobilità della macchina da presa (non ci sono spostamenti di macchina, né carrellate) nonché il suo posizionamento a terra (che poi darà luogo a l’inquadratura detta “Tatami”);
- il non mostrare gli eventi importanti della storia sempre sono spesso lasciati a margine, per dare rilevanza a quei gesti minori, quotidiani che si caricano così di significato.
Sulle scelte narrative, come già accennato c’è in questo film e in tutta la filmografia di Ozu l’interesse verso il disgregamento della famiglia, la modernità che irrompe violentemente sui vecchi equilibri. Qui il padre premuroso e preoccupato per il futuro della figlia, spinto dalle petulanti pressioni della zia, si sottomette (e sottomette la figlia) a un obbligo sociale che si scontra con la condizione accomodante in cui la ragazza vive: l’equilibrio familiare deve essere spezzato per sottostare a un rito sociale, quello del matrimonio.

Modernità e tradizione in Tarda primavera e Yasujiro Ozu
Ozu sembra mostrarci, con questo film, come possano esistere altre forme d’amore (come quella tra padre e figlia) al di là dalle convenzioni e degli obblighi sociali: in fondo la vita di Noriko e di suo padre non ha nulla che non va e per il quale debba prendere un cambio di direzione. La ragazza non si vuole sposare per continuare nella sua serenità: non siamo davanti a un conflitto generazionale (che si vedrà invece in quella sorta di remake che è Tardo Autunno). Siamo piuttosto davanti a qualcosa di più semplice, la bontà di un padre disposto, anche lui, ad abbandonare una situazione di comodo per assicurare, forse, un futuro migliore alla figlia.
C’è da aggiungere che tutti i personaggi che ruotano attorno alla protagonista e che la spingono a volersi sposare, quali la migliore amica (che ha già divorziato), o lo zio (che si è risposato), vivono questo passo con molta leggerezza e sottolineando l’opzione del divorzio qualora le cose andassero male. E’ l’evoluzione subentrata nel dopoguerra, con l’invasione americana e che ci viene mostrata anche con i cartelli della Coca Cola, i riferimenti a Gary Cooper e con gli arredamenti occidentali.
Ozu è forse un conservatore? Direi piuttosto che è un osservatore sensibilissimo dei mutamenti della società e della sua degenerazione verso gli eccessi del progresso. Così un matrimonio forzato rivela la superficialità di una società che mescola tradizione e modernità per puro diletto.
Tarda Primavera è un film che a distanza di tanti anni è ancora attuale, un film di ieri per comprendere il Giappone di oggi.
Yasujiro Ozu è un regista le cui opere sono ancora molto apprezzate, tanto che è stato uno dei maestri presentati dalla rassegna Japanese Film Festival Plus in Italia del 2021, organizzata dalla Japan Foundation.