
Un maestoso albero centenario: poderose radici lo ancorano al suolo, il tronco nodoso è coperto da una scura corteccia rugosa e fessurata, svetta verso il cielo allargando i suoi rami vecchi e contorti, modellati dall’ambiente nel tempo; il suo silenzio custodisce il mistero di secoli di storia; la sua forma racchiude il miracolo della vita che si rinnova ogni primavera, è espressione di una danza tra l’albero ed il suo ambiente che li rende nel tempo tutt’uno.
Ammirazione, rispetto, timore reverenziale sono le sensazioni che suscita nell’uomo l’immagine affascinante di un patriarca secolare, mescolate alla forza rigenerante che scaturisce dall’abbraccio avvolgente della natura.
È plausibile che simili sensazioni ancestrali abbiano in origine alimentato il desiderio di portare una “porzione” di tale bellezza all’interno delle mura rassicuranti della propria casa: non è che un’ipotesi sull’origine del bonsai, l’albero in vaso della tradizione artistica giapponese, coltivato con attente cure per lungo tempo, perfino generazioni, che esprime attraverso la sua forma la bellezza naturale della specie e trasmette l’immagine del paesaggio che rappresenta con la sua forma; con il trascorrere del tempo e l’uso di tecniche sviluppate nei secoli dai maestri giapponesi il bonsai, pur mantenuto di piccole dimensioni, esprime il fascino di un albero secolare, capace di raccontare la sua storia attraverso i segni che porta su di sé, per esempio una corteccia rugosa, il moncone di un ramo secco che sembra spezzato dal vento, una zona secca e sbiancata sul tronco che sembra colpita da un fulmine…
L’origine del bonsai
L’origine del bonsai rimane velata da un alone di mistero fino all’inizio del XIII secolo, epoca alla quale risalgono le più antiche raffigurazioni pittoriche, che ne attestano l’esistenza in Giappone. Nei rotoli dipinti i bonsai sono spesso ritratti accanto a monaci e sacerdoti, a testimonianza di un’epoca caratterizzata dall’enorme diffusione del buddismo, e in particolare del buddismo zen, proveniente dalla Cina. Alcuni documenti cinesi risalenti al VI secolo accennano ad un’arte identificabile con il bonsai, pertanto si può supporre che i monaci cinesi, approdati in Giappone per diffondere i principi del buddismo, abbiano favorito l’interesse per nuove forme artistiche, tra le quali il bonsai, presso le classi aristocratiche al potere. L’idea del piccolo albero che evoca la forza e la maestosità dell’esemplare secolare in natura esprimeva in modo significativo il principio dell’assenza di dualità sostenuto dallo zen: non c’è differenza tra grande e piccolo, nell’infinitesimale si vede l’immenso, il vuoto contiene il tutto.
Qualche secolo più tardi l’approccio intellettuale al bonsai (ed al suiseki, le pietre-paesaggio) si diffonde tra i dotti confuciani e i bunjin (letterati), impegnati nella continua ricerca del piacere per l’arte, anche nella semplice quotidianità. Ciò non significa che il bonsai non fosse apprezzato e coltivato anche tra i ceti popolari, ma spogliato dei suoi contenuti spirituali, non era che una forma di bellezza, o semplicemente una novità.
Verso la fine del 1700 prende avvio la consuetudine di organizzare annualmente una mostra di Pini bonsai tradizionali nel distretto di Higashiyama di Kyoto, il cui equivalente attuale è la famosa esposizione giapponese nazionale Kokufū-bonsai-ten, che si tiene ogni febbraio a Tōkyō.
Il bonsai nell’epoca moderna
Con l’apertura del Giappone all’Occidente, nel 1868, l’arte bonsai subisce un temporaneo arresto dovuto al fresco interesse per la cultura occidentale, ma i viaggiatori stranieri che tornano dal Paese del Sol Levante raccontano con entusiasmo di aver visto piante in miniatura coltivate in piccoli contenitori. Fino alla fine del XIX secolo, l’interesse per il Giappone cresce vertiginosamente, anche grazie alla sua partecipazione alle più importanti esposizioni internazionali come quella di Londra del 1862, di Parigi del 1867 e del 1900 e di Vienna del 1873 che favorì il commercio di piante ornamentali di provenienza orientale e l’interesse, fra le migliaia di visitatori, verso i piccoli alberi in vaso.
Con l’inizio del nuovo secolo il mondo del bonsai assume una fisionomia organizzata con associazioni che diffondono pubblicazioni specializzate e l’aumento della domanda favorisce la realizzazione di vivai specializzati, l’introduzione di nuove specie ed il miglioramento delle tecniche di coltivazione.
Dopo un lungo periodo di arresto durante il periodo bellico, la diffusione dell’arte bonsai riprende una costante ascesa ed oggi si può dire presente in quasi tutti i paesi del mondo, grazie anche alla fondazione di associazioni operanti a livello internazionale, alle pubblicazioni ed alle riviste di settore che si dedicano alla trasmissione non soltanto delle tecniche, ma di tutti gli aspetti culturali legati all’arte bonsai ed alla sua reinterpretazione nei diversi paesi del mondo. Se in Giappone il bonsai è un’opera d’arte che si tramanda di padre in figlio, nel resto del mondo è più considerato un hobby e curiosando qui e là nei giardini o sui balconi si vedono sempre più spesso piccoli capolavori o piante in formazione, accudite con cura e vera passione.
In Giappone è famoso il villaggio dei bonsai, Ōmiya nella prefettura di Saitama, ove si concentrano alcuni tra i migliori giardini bonsai di famiglie di lunghissima tradizione ed un museo permanente, fondato nel marzo del 2008.
i bonsai in italia
In Italia, il primo ad importare i piccoli alberi fu Luigi Crespi, fondatore della Crespi Bonsai, nel lontano 1979-1980. La sua ambizione non era soltanto quella di diffondere l’interesse per queste bellissime piante, ma anche di far conoscere la cultura orientale ed il fascino della sua arte. In oltre trent’anni di attività ha fondato il primo museo permanente apparso in Europa, nel 1991, e nello stesso anno l’Università del Bonsai, che propone corsi brevi e triennali tenuti dal maestro Nobuyuki Kajiwara, oltre alla rivista bimestrale Bonsai & news, diffusa in tutta Italia in edicola e nei centri specializzati. A Parabiago (Mi), dove sorge il museo, viene organizzato ogni due anni il Raduno Internazionale del Bonsai & Suiseki, esposizione concorso cui partecipano bonsaisti di tutto il mondo; in questa occasione completano il panorama bonsaistico esposizioni e conferenze che riguardano l’arte orientale, nelle sue più varie espressioni.
Oggi l’interesse per l’arte bonsai è enormemente aumentato, di pari passo con il crescere dell’esigenza di un rapporto più autentico con l’ambiente in cui viviamo e pare che gli appassionati in Italia siano più di 25.000. Per noi occidentali il bonsai ha perso parte del suo significato mistico-religioso, ma offre, comunque, l’occasione di un riavvicinamento alla natura: stimolando la fantasia, guida l’osservatore ad un riflessivo e silenzioso dialogo con la natura stessa, insegnandogli ad amarla e a rispettarla.
Ficus retusa Linn, simbolo del Crespi Bonsai Museum dal 1986. Collocato nella cuspide di vetro con altre specie tropicali e subtropicali, è un inconsueto bonsai di grandi dimensioni, ōgata-bonsai, con i suoi 310 cm di altezza e 280 cm di lunghezza. L’età stimata è oltre i 1000 anni. La collezione del Crespi Bonsai Museum comprende anche vasi di grande pregio, fra i quali spiccano contenitori per bonsai di epoca Qing, Tokugawa e Meiji. I mini-bonsai sono una creazione degli ultimi anni, nata dall’esigenza di ridurre al minimo gli spazi di coltivazione per adeguarsi ai giardini angusti ed ai piccoli appartamenti giapponesi. La famosa mostra giapponese Kokufū-bonsai-ten, che ha luogo ogni anno in febbraio a Tōkyō. Nell’esposizione tradizionale giapponese nel toko-no-ma protagonista è il “vuoto”, lo spazio nel quale si incontra il flusso dinamico degli elementi della composizione, per trasportare l’osservatore in un vasto scenario naturale, offrendogli un viaggio denso di emozioni, nell’abbraccio rigenerante della natura. La galleria delle specie da esterno nel Crespi Bonsai Museum. Sui massicci tavoli di ardesia si ammirano esemplari ultracentenari educati dai più famosi maestri giapponesi fra i quali Kato, Kawamoto, Kaneko, Kawahara e Ōgasawara. Bonsai di Diospyros kaki in frutto. Come ogni forma d’arte giapponese, anche nel bonsai è apprezzato il riferimento alla stagione. Nell’esposizione tradizionale nel toko-no-ma un elemento di accompagnamento (rotolo di calligrafia o dipinto, piantina di accompagnamento ecc.) suggerisce l’emozione della stagione. Luigi Crespi, fondatore di Crespi Bonsai, durante il suo apprendistato presso il vivaio del maestro Ōgasawara. Un vivaio di bonsai in Giappone. Rhododendron indicum in fiore. La base del tronco è valorizzata nel bonsai, poiché è la parte dell’albero che maggiormente ne suggerisce la vetustà e l’appartenenza ad un particolare ambiente naturale.
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